Non toglieteci i Sibillini
Le recenti norme di tutela definite dall’Ente Parco dei Monti Sibillini stanno suscitando sgomento e preoccupazione tra gli amanti dell’All Moutain. In particolare l’Art. 4 comma 6, con cui si vieta l’accesso e la circolazione con biciclette nei sentieri compresi nella Zona A del Parco, con sanzioni previste da 100,00 sino a 1.000,00 euro.
La motivazione non è banale, la frequentazione in bicicletta di quegli ambienti è ritenuta causa di alterazione dell’ecosistema naturale ed in grado di accelerare i fenomeni di erosione e degrado. Se così fosse la preoccupazione dell’Ente Parco è condivisa da chi scrive, ma il timore è che chi si è fatto carico di una decisione così drastica in realtà non abbia sufficiente cognizione di causa. A supporto di questa decisione non vi sono prove scientifiche e chi come me in bici ci va ed ha avuto modo di sperimentare l’impatto del passaggio di una bici su un sentiero montano, può affermare con certezza che il rotolamento di una ruota arreca meno danni del passaggio a piedi. V’è da dire poi, che l’elevato livello di difficoltà tecnica insita nella percorrenza in bici di quei sentieri, limita la frequentazione a bikers di particolare capacità, mentre sono più numerose le comitive di trekkers, anche improvvisati, che, a rigor di logica, costituiscono un fattore di degrado numericamente più significativo.
Ma il ragionamento da fare è un altro, stabilire se fanno più danni i trekkisti o i ciclisti non mi interessa. Quello su cui vale la pena interrogarsi è il paradigma su cui si fonda il principio stesso di tutela e la letteratura di settore offre interessanti spunti di riflessione. Ormai è assodato che l’approccio più radicale, nel medio periodo, produce effetti ancor più devastanti di una disciplina più permissiva e articolata. Lo sviluppo delle attività sportive all’aria aperta costituisce una interessante fonte di reddito per le aree interne, una delle risorse su cui puntare per arginare i vistosi fenomeni di spopolamento che stanno interessando i territori montani e collinari della penisola e che, per effetto della crisi economica ed occupazionale, in futuro vedranno una ulteriore accelerazione.
Scenario demografico dei comuni italiani
Variazione della popolazione tra 2004 e 2014 e scenario 2014-2024
Fonte: DemoSI / CRESME
Offrire concrete opportunità occupazionali ai giovani, sostenere e promuovere lo sviluppo di attività innovative, rappresenta l’unico argine possibile ai massicci fenomeni di spopolamento che stanno interessando la montagna italiana. Ma attenzione, con questi argomenti non si vuole sostenere la tesi del “tutto purché non accada”. Per conservare fascino e suggestione le risorse naturali vanno sicuramente preservate dal depauperamento dissennato, ma non si può non considerare che l’attività sistematica di manutenzione e cura del territorio data dall’esistenza di un presidio territoriale antropico costituisce il fattore di conservazione più efficace.
Peraltro, la bellezza di quegli ambienti naturali deriva proprio dall’azione millenaria di fattori degradanti; vento, pioggia e ghiaccio hanno sagomato i versanti, frantumato le rocce, prodotto i distacchi che oggi danno forma a monumenti naturali di grande impatto emotivo. Di fronte a queste forze in gioco, l’impatto delle allegre comitive che nella stagione propizia si avventurano sulle creste in bici o a piedi, è veramente irrilevante. Anzi, se l’indotto generato dagli sport all’aperto contribuisce a tenere in vita l’economia locale, il concetto stesso di tutela può essere riformulato in una chiave più corretta. La montagna non verrà più percepita dalle comunità locali come condanna ad un futuro da emigrante, ma come risorsa da conservare, non solo perché lo impone una direttiva comunitaria, ma perché la bellezza dei luoghi è fonte di sostentamento. Concepire le opere di consolidamento dei versanti franosi, di recupero de reticolo idrografico, di rimboschimento e messa in sicurezza del territorio, come interventi di emergenza a catastrofe avvenuta non funziona, la tutela del territorio va ricondotta ad una dimensione più consona, di manutenzione e cura sistematica, una pratica che affonda le radici nel quotidiano.
La mia soluzione? Fissare delle regole chiare per l’attraversamento degli ecosistemi più sensibili, regole che valgano indifferentemente per ciclisti e trekkisti, con l’individuazione di precise linee di transito e sosta, ed il sanzionamento dei comportamenti scorretti.
La normativa è stata adottata dall’Ente Parco e, secondo le procedure previste, dal 24 aprile al 24 maggio possono essere presentate le Osservazioni delle quali l’Ente dovrà tener conto nella stesura definitiva, che verrà sottoposta all’approvazione definitiva della Giunta della Regione Marche. Mi auguro che il dibattito sollevato dai gruppi di interesse locali, tra i quali è recentemente emersa la posizione contraria del CAI, possa portare ad un ripensamento sui punti in questione.
Concludo questa breve riflessione con la testimonianza del mio caro amico Enrico Biccheri, un veterano dell’All Mountain e compagno di tante avventure, che sulle creste dei Sibillini ci ha lasciato il cuore.
Non so se vi è mai capitato di provare quella sensazione di disagio misto a rabbia per la perdita di una cosa cui tenevate, tipo quando vi cade il cellulare nuovo nel water o stai per svoltare sulla solita strada che fai per andare in ufficio per risparmiare 15 minuti di traffico e la trovi sbarrata, oppure quello stato allucinante di quando da bambini giocando a pallone nel cortile si incappava nella solita vecchiarda zitella del piano terra che vi sequestrava il pallone e ve lo ridava bucato.
Ecco una sensazione del genere l’ho provata giorni fa leggendo la notizia che l’Ente Parco Sibillini intende interdire alle MTB tutta la Zona A.
Diversi anni fa sono stato per la prima volta sui Sibillini, erano già anni che andavo in MTB ma mai in zone montane oltre il Lazio, ebbene se dovessi raccontare la sensazione che ho avuto a calcare con le ruote grasse quei sentieri, quei prati, quelle vette, insieme agli amici di pedale, ebbene, sinceramente non riesco a trovare parole adatte se non gioia immensa.
Ricordo che mentre pedalavo sulla cresta del cordone del Vettore su un sentierino largo appena 60 centimetri, con a destra ed a sinistra un baratro di oltre 300 metri, pensavo tra me e me: ” Posso pure cadere e rimanerci secco, di sicuro morirei felice ! “
Foto di Enrico Biccheri
Ci sono molte discipline nell’ambito della Mountain Bike ma per noi amanti dell’All Mountain, al di sotto del Pò, credo che posti da visitare con la nostra bike come il gruppo dei Sibillini sia un must, una cosa che non dovrebbe, anzi, non può mancare nei nostri ricordi, nei nostri album fotografici, nella nostra bacheca Facebook.
Il solo pensiero che certi sentieri del Parco non saranno più praticabili dai molti che non li hanno mai percorsi mi ha fatto sentire proprio come quando la vecchiarda ci sequestrava il pallone.
Non prendeteci il pallone per favore, non rubateci i sogni.
AGGIORNAMENTO: Anche gli amici di MtbCult.it hanno affrontato la questione in questo interessante articolo, leggetelo e fateci sapere cosa ne pensate.