giovedì, Ottobre 3, 2024

Non si costruisce una ruota per risparmiare, si costruisce una ruota per il gusto di fare la propria ruota.

Un meccanico onesto ve la può assemblare ad un costo assai contenuto, in genere 15/20 euro sono sufficienti.

La spesa più rilevante riguarda la componentistica, che possiamo sinteticamente individuare nei seguenti elementi principali:

  • il mozzo
  • il cerchio
  • i raggi

Per la componentistica le variazioni di prezzo sono veramente notevoli, in rapporto sia alle caratteristiche tecniche, sia al prestigio del marchio.

Una cosa è certa, la ruota costituisce un componente di fondamentale importanza in una bici, conferendo specifiche caratteristiche di reattività, resistenza alle sollecitazioni, leggerezza, attrito e la scelta della ruota giusta deve tener conto delle caratteristiche del telaio ma, soprattutto, dell’utilizzo che se ne intende fare.
In linea generale, per un utilizzo XC conta soprattutto la leggerezza e la bassa resistenza al rotolamento, per un impiego più intensivo, tipo FR, AM o DH, è preferibile optare per una scelta che privilegi la resistenza, mettendo in conto anche qualche etto in più.

Entriamo un po’ più nel dettaglio


mozzoIl Mozzo

La scelta può spaziare tra prodotti da poche decine di euro a modelli da 500 ero e più. Dove sta la differenza?

In primo luogo incidono materiale di base e accuratezza della lavorazione. In genere il corpo è sempre in lega di alluminio ma i differenti materiali di fusione possono fare la differenza, in termini di resistenza/peso ed anche di costo.

Poi c’è l’asse, ed nche qui, passando dal semplice acciaio alle leghe al titanio, la differenza non è da poco, ma quello che più incide nel determinare la qualità e il prezzo del mozzo è il meccanismo ruota libera, cioè il sistema che consente la rotazione libera della ruota in una direzione e “l’aggancio” nell’altra.
Le soluzioni tecniche adottate dai vari costruttori sono veramente tantissime, anche molto sofisticate, ma in genere il meccanismo consiste in due, tre, o quattro dentini, disposti in modo da scorrere su un anello dentato ruotando in un senso, mentre ruotando in senso opposto si “agganciano”, consentendo la trazione in pedalata. Si capisce subito che si tratta di un meccanismo assai delicato, soggetto peraltro a forti sollecitazioni, per i frequenti strappi trasmessi alla ruota pedalando su percorsi sconnessi, e la precisione e l’affidabilità con cui il meccanismo “aggancia” costituisce un fattore critico.

Per valutare la qualità del mozzo bisogna prenderlo in mano e farlo ruotare lentamente nella direzione libera, ascoltando gli scatti ad uno ad uno, devono essere precisi ed uguali, senza intoppi, la precisione dell’aggancio fa la differenza tra un mozzo di buona qualità ed uno scadente.
Altrettanto importante è il sistema di rotazione, costituito essenzialmente da due tipologie, quello a sfere e coni e quello a cuscinetti sigillati.
Di per se non si può dire quale dei due sistemi sia il migliore, dipende dalla cura costruttiva e dalla qualità dei componenti impiegati.
Il sistema a sfere e coni consente una maggiore regolabilità, sui due dadi di tenuta si può aumentare o diminuire l’attrito interno. L’aspetto problematico consiste nel fatto che richiede più manutenzione, soprattutto nei modelli più economici, che non dispongono di una efficace schermatura contro le infiltrazioni d’acqua e di polvere.

Il sistema a cuscinetti sigillati, sebbene non regolabile, è decisamente meno problematico dal punto di vista della manutenzione, ma attenzione, anche qui, i cuscinetti non sono tutti uguali, esistono prodotti economici e prodotti di qualità elevata, per capire la differenza basta far ruotare il mozzo tenendolo tra le dita, il movimento deve essere fluido ed omogeneo, provate un modello economico ed uno di qualità, è difficile sbagliare.

Chiarita la differenza tra un prodotto di qualità ed uno scadente, occorre dare qualche indicazione sulla scelta del tipo di mozzo in rapporto all’impiego. Per un uso non intensivo, XC e passeggiate in campagna, il criterio sovrano è la leggerezza, quindi, va bene un praticissimo QR (sgancio rapido), con pochi raggi (32 o anche 28 fori) e possibilmente 2 cuscinetti all’anteriore ed al posteriore (notevole risparmio di peso).

Per un intensivo, invece, i fattori sono esattamente ribaltati, sono da preferire i mozzi con asse passante, meno pratici ma più affidabili e resistenti, una raggiatura più fitta (32 o meglio 36 fori) e più ciscinetti al posteriore, da un minimo di 3 a 4 e più, maggiore peso ma anche maggiore resistenza a forti sollecitazioni, tipo salti e discese veloci su fondo sassoso.


cerchioIl Cerchio

Cominciamo dal diametro, lo standard tradizionale è da 26 pollici ma da qualche anno si va affermando un nuovo standard con ruote di maggiore diametro, le 29 pollici e le 27,5 e per ultimo la 27,5+.

La differenza non è da poco. Il diametro più grande garantisce una minore resistenza al rotolamento, perdendo qualcosa in reattività e diventando più faticoso in salita, per la maggior leva e il peso. Parlare di scelta tra 26 pollici e 29 pollici è ormai fuori luogo, nei nuovi cataloghi di quasi tutti i costruttori la ruota da 26 pollici è scomparsa. La scelta ormai è tra 29″ e 27,5′ anche se forse non è ancora detta l’ultima parola, visto che si va sempre più affermando uno standard che sembra la sintesi di tutte le novità emerse negli ultimi anni, Fat-Bike comprese. E’ il 27,5+, un cerchio da 27,5′ che con la generosa copertura di derivazione Fat-Bike, giunge ad un diametro complessivo da 29″, consentendo di montare, sullo stesso telaio, ruote da 27,5′ o da 29″, uno standard che molti ritengono possa rappresentare la soluzione definitiva.

La sezione è un altro tratto distintivo, lo standard tradizionale a parete semplice è leggero ma meno resistente, quindi poco indicato per un uso intensivo. Più rigide e resistenti sono le sezioni a camera interna, più adatte ad un uso intensivo.

La sezione del cerchio cambia anche in funzione del sistema frenante. I cerchi predisposti al funzionamento con sistemi frenati v-Brake o Cantiever devono avere apposite piste destinate al pattinamento delle spazzole, pista che è assente nei cerchi destinati a bici con freni a disco.

Altra caratteristica determinante è il sistema di montaggio dei raggi: il sistema tradizionale presenta una foratura passa nippli e prevede l’uso della camera d’aria; i cerchi di concezione più recente, invece, montano i raggi sulla parete esterna (per mezzo si bussole o nippli speciali), ottenendo una parete interna a tenuta d’aria, adatta all’uso con coperture tubeless. In questo caso il cerchio è anche appositamente sagomato per accogliere lo speciale tallone delle coperture tubeless, aumentando la capacità di tenuta.

Per concludere la breve rassegna qualche parola sulla larghezza del cerchio. Fino a qualche anno, soprattutto per l’impiego XC, i costruttori tendevano a ridurre la larghezza del cerchio aumentandone l’altezza, in modo da realizzare, a parità di peso, una sezione a camera chiusa più solida. Le prove sul campo hanno però dimostrato l’insorgere di un inconveniente, l’eccessiva deformazione della copertura, soprattutto quando sottoposta a sollecitazioni laterali come nelle curve, con un sensibile peggiorando della tenuta e l’aumento del rischio di stallonamento. Nei cerchi di nuova concezione quindi, si tende a rivalutare la larghezza della sezione, riducendo l’altezza del profilo.


raggiI Raggi

Anche di raggi ne esistono vari tipi, riconducibili sostanzialmente a due categorie, quelli a sezione circolare e quelli lamellari o a fettuccia, sebbene per il montaggio tradizionale, dovendo passare nel foro posto sulla flangia del mozzo, quelli a fettuccia non possono essere utilizzati.

Le ruote artigianali infatti montano quasi esclusivamente raggi in acciaio a sezione tonda, mentre il raggio a fettuccia, prevalentemente in alluminio, trova applicazione nelle ruote industriali, che hanno un disegno speciale del mozzo che ne consente l’aggancio.

Il raggio a sezione circolare, tuttavia, è disponibile in due tipi, quello normale, a sezione costante, generalmente da 2 millimetri, e quello stirato a sezione variabile che, a seconda dei tipi, va da 2-1,8-2 a 2-1,5-2. Il vantaggio, oltre che nel peso, si riscontra nella riduzione dell’attrito con l’aria durante la rotazione ma occorre sempre tener presente che il raggio a sezione variabile è meno resistente, quindi è da sconsigliare in caso di ruote con pochi raggi e biker pesante.

Nelle ruote tradizionali il raggio da un lato ha una testa piegata che si aggancia al mozzo e dall’altro ha una filettatura di circa 15 millimetri, per l’inserimento al nippli che, agganciandosi al cerchio, consente la regolazione della tensione. Il nippli può essere in acciaio, in ottone o in alluminio e la scelta deve ovviamente tener conto sia del peso del biker e tipo di impiego, sia del numero di raggi della ruota, considerando che più fitta è la raggiatura più le tensioni su ogni singolo raggio si riducono.

L’ultimo fattore da tener presente è il tipo di raggiatura che definisce la geometria della ruota. Convenzionalmente il tipo di raggiatura si definisce con il numero di incroci dei raggi, la tessitura è radiale se il raggio va dritto dal mozzo al cerchio senza incrociare gli altri raggi, è di prima se ne incrocia uno, di seconda se ne incrocia due e così via. La geometria più diffusa è con raggi incrociati in seconda o in terza ed in genere non si va oltre l’incrocio in quarta. La geometria della ruota distribuisce il carico sui raggi in maniera assai diversa ed in linea generale maggiore è il numero di incroci più la ruota è resistente ed elastica, mentre una raggiatura con pochi incroci conferisce alla ruota maggiore rigidezza e reattività.

Definito il progetto della ruota e scelto il mozzo, il cerchio ed il tipo di raggiatura, per realizzare un lavoro a regola d’arte è necessario calcolare con la massima precisione la lunghezza del raggio. La tolleranza consentita è dell’ordine del millimetro, con il rischio che la ruota non si riesca a chiudere. Il modello di calcolo non è poi così semplice ma per fortuna vivamo nell’era digitale e possiamo usufruire di strumenti assai evoluti che facilitano il compito. Il form messo a disposizione SAPIM, storico produttore di raggi, ritengo sia tra i più efficaci e ben fatti, basta munirsi di un calibro e misurare con la massima precisione mozzo e cerchio ed il gioco è fatto.


L’assemblaggio

Per comprendere come si monta una ruota artigianale, le parole non bastano, bisogna vedere come si fa. Per questo vi propongo due video, il primo illustra come si effettua la raggiatura, o imbastitura della ruota, il secondo come si serrano i raggi per ottenere una ruota perfettamente centrata. Sono i filmati più chiari e sintetici che ho trovato in rete, senza divagazioni sul tema e con sufficiente attenzione al dettaglio, anche se purtroppo in lingua inglese. Non badate al tipo di ruota, il principio di assemblaggio è sempre lo stesso per tutte le tipologie.


Imbastitura della ruota


Centratura
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