Il circuito perfetto, per assaporare il gusto della montagna senza rinunciare alle “comodità” di una pista enduro “preparata”.
Salita lunga ma tutta pedalabile (tranne l’ultimo taglio che si può comunque evitare proseguendo sulla carrareccia) e dieci chilometri di discesa tecnica al punto giusto, mai estrema, con primo tratto su mulattiera ricavata in mezzacosta, secondo tratto freeride, su sentieri appena accennati, e il pezzo finale sul sentiero Zi’ Chiccu, tutto flow e veloce, con curve in appoggio, per mollare i freni in sicurezza su un serpentone infinito che riporta in paese.
Goduria ai massimi livelli, l’ideale per gli enduristi più wild e i neofiti dell’All-Mountain.
Partenza da Borgo Velino in una magnifica mattina di primavera. Parcheggiare l’auto non è un problema, posti in abbondanza, ed anche farsi preparare un panino con ottima porchetta locale…
Appena fuori dal paese si imbocca subito un bellissimo single track che costeggiando il torrente Velino ci conduce fino a Castel Sant’Angelo, poi qualche rampa asfaltata fino a Paterno, e da qui si abbandona progressivamente la civiltà tecnologica.
Iniziamo l’interminabile ascesa su carrareccia, si pedala bene, pendenze mai eccessive e fondo compatto la rendono abbastanza scorrevole, ed i magnifici i scorci panoramici mettono il buon umore.
Qui l’energia vitale della natura diviene esperienza tangibile nell’esplosione delle gemme sui rami.
Sul Terminillo resta solo qualche lingua di neve, la vita continua…
…e la ritroviamo lì, nella flebile vena d’acqua che sgorga dal fontanile, gelida e purissima.
Ristorate le membra si prosegue, siamo a quota mille, poco più di metà salita.
La fatica comincia a farsi sentire, ma una ascesa così, in montagna, è cosa rara.
Fondo compatto e scorrevole e scorci panoramici da cartolina, si pedala con il sorriso sulle labbra.
Procediamo compatti e determinati con lo sguardo all’orizzonte, dove campeggia maestoso il Nuria e più in la il Velino.
Guadagnato con fatica il Colle del Termine, a quota mille e cinque, il Terminillo buca l’orizzonte.
La bellezza del luogo impone una sosta, e quella volgare fetta di porchetta custodita tra due guance di pane casareccio diviene d’incanto poesia sublime.
Dieci minuti, anche quindici, distesi su un prato perfetto, respirando l’aria frizzantina della primavera che avanza, valgono più di una notte di sonno tra le lenzuola, e via, si riparte, con il Terminillo che fa capolino ad ogni tornante.
Ci siamo quasi, e appena la salita molla…
…i poser chiedono un meritato scatto…
come dargli torto, la vista è magnifica.
L’ultimo tratto in salita attraversa una suggestiva foresta di faggi aggrappati al fianco scosceso del monte. L’erosione superficiale del terreno incoerente ha portato a vista il fitto reticolo radicale, e il pensiero vola alle seducenti teorie della ricercatrice canadese Suzanne Simard. La professoressa di ecologia forestale della Universiy of British Columbia a Vancouver, sostiene che le foreste non siano una semplice somma di alberi, ma che costituiscano una comunità in grado di comunicare e condividere informazioni nel sottosuolo. Ha dimostrato sperimentalmente che gli alberi madre sostengono e difendono lo spazio vitale delle nuove generazioni e molte specie comunicano tra loro con la “lingua” del carbonio, dell’azoto, del fosforo e dell’acqua, scambiando segnali di difesa e forse anche costituendo una sorta di memoria collettiva. Un punto di vista affascinante del quale sappiamo ancora ben poco.
Il viaggio continua allietato da magnifiche fioriture primaverili, guardate che belle viole…
Poi finalmente si giunge in vetta, siamo ai Cinque Confini.
La radura soleggiata è il luogo ideale per togliere la maglia sudata e vestire le protezioni…
Ripartiamo in discesa, e dopo un breve tratto di carrareccia, inizia il trail, e l’attacco mostra subito i denti.
Qualche altro sali-scendi, solcando residui scampoli di neve ghiacciata…
poi si inizia a scendere lungo una mulattiera ricavata nel fianco della montagna.
Al termine della mulattiera una serie di tornanti conducono nella valle aperta, poi un bel single track nel bosco con qualche passaggio tecnico su roccia porta al famigerato Zi’ Chiccu trail.
Qualche prova d’equilibrio sui roccioni…
ed inizia il magnifico serpentone naturale che scende sinuoso tra imponenti alberature…
Veramente notevole, oltre quattro chilometri di flow tecnico con sponde sagomate dall’acqua che offrono l’appoggio per superare a velocità anche i gomiti più stretti, tutto pulitissimo e con qualche roccia affiorante a dare il giusto tocco di piccante ad un piatto già saporito.
Unico rammarico aver perso le riprese per la SD difettosa, ma potete credermi sulla parola, divertimento assicurato !
Tornati in paese, dal parcheggio della stazione, lo sguardo fugge sul Monte Giano, dove campeggia la singolare piantumazione realizzata nel 1939 dagli allievi della Scuola Guardie Forestali di Cittaducale. Circa 20mila pini disposti ordinatamente a contornare la scritta DUX
…e si capisce come mai da queste parti i treni arrivino sempre perfettamente in orario.
Gallery fotografica in HD
Ringrazio la guida, Stefano Scott
gli amici di MTBAllMountain, Gianni, Claudio, Emanuele e Dany
e gli altri compagni d’avventura, il Vence e il Barone Rosso