domenica, Aprile 28, 2024

La finestra di casa gli fa da cornice, il Monte Gennaro disegna l’orizzonte quando il cielo è sereno, poi scompare tra le nubi.

Gigante tranquillo, disteso su un fianco, sonnacchioso, un amico che d’inverno offre riparo dai venti più freddi, ogni tanto vado a rendergli omaggio.

Arrivare in vetta non è impresa impossibile, ce la faccio anche io che non sono al top della preparazione atletica, basta compensare le carenze prestazionali con forza di volontà e determinazione.

La via più comoda per guadagnare la vetta è dal Pratone del Monte Gennaro, il vasto altopiano situato sul versante meridionale a 1024 metri sul livello del mare, e da qui, seguendo le “Schiene degli Asini”, gli ampi canaloni frutto dell’erosione carsica, attraverso i boschi si giunge sotto il Pizzo di Monte Gennaro. Poi si procede bici in spalla, inerpicandosi sugli stretti sentieri tracciati nella pietra brulla fino alla vetta, a quota 1271.

Le vie per raggiungere i Pratoni sono sostanzialmente tre: la Scarpellata, l’antica mulattiera realizzata dai pastori a scalpello per condurre il bestiame da Marcellina ai pascoli estivi in alta quota, ma è un passaggio difficilmente praticabile in bici, i più intrepidi riescono a percorrerlo in discesa, ma in salita con bici al seguito è veramente troppo faticosa; le altre due vie sono più fattibili e compiendo un ampio giro a Sud o a Nord dell’agognata vetta, consentono di esplorare splendidi tratti della riserva naturale dei Monti Lucretili.

In entrambi gli itinerari proposti la partenza è da Monterotondo, per una lunghezza complessiva di quasi 70 chilometri e poco meno di 2000 metri di dislivello cumulato (il calcolo altimetrico di Google Maps è ampiamente sottostimato), ma il tratto montano è sicuramente quello più interessante, quindi, volendo fare economia di energie e di tempo, in entrambi i casi si può benissimo partire da Palombara Sabina.

Salita da Marcellina – Sentiero dei Partigiani

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Da Palombara si procede per Marcellina su strade in mezzacosta, percorrendo un tratto iniziale difficilmente pedalabile per le pendenze ed il fondo smosso e sassoso. Da Marcellina inizia la salita vera e propria, i sette interminabili tornati della strada per il Monte Morra, una lingua d’asfalto che termina con uno slargo appena sopra il Prato Favale, il parcheggio di San Polo dei Cavalieri. Da qui si procede su una stretta mulattiera fino in quota, poi attraverso i boschi, il Sentiero dei Partigiani.

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E’ un ambiente suggestivo, faggi imponenti con tronchi fino a tre metri di diametro sembrano danzare affondando le radici tra grossi blocchi do roccia calcarea. Spessi muschi di un verde profondo proliferano sul lato in ombra di ogni cosa, tronchi, rocce, versanti terrosi. Buoi e cavalli vagano liberamente tenendosi a debita distanza, ma non di rado capita di incontrare animali selvatici, soprattutto cinghiali, che si muovono da soli o anche in branchi numerosi.

Dall’imbocco del sentiero sterrato fino al Pratone del Gennaro, i tratti pedalabili sono assai pochi, l’accumulo di sassi di media e grossa pezzatura, tronchi e rami secchi, costringono a percorrere lunghi tratti a spinta, ma la bellezza dei luoghi ripaga ampiamente la fatica e giungendo al Protone si può finalmente dare libero sfogo al desiderio di rimontare in sella e spingere sui pedali, sfrecciando tra mandrie di cavalli al galoppo su un verdissimo tappeto d’erba fitta.

Adesso lo sforzo finale, sul lato settentrionale una doppia fila di sassi allineati indica l’inizio del sentiero per il Pizzo, inizia l’ascesa, prima lieve, poi sempre più impegnativa, fino all’ultimo tratto su pietraia, non tanto però, circa 300 metri di dislivello, basta un po’ di concentrazione e si guadagna la vetta.

Il panorama non è male, di fronte la valle del Tevere, Roma, con l’aria tersa la vista spazia fino al mare, il Monte Soratte isolato nella pianura, il vicino Monte Pellecchia e, guardando verso Est, gli Appennini con il Velino, il Corno Grande e i Simbruini.

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Uno straordinario ambiente naturale, numerosi alberi giganteschi, qualche bellissima cascatella e l’acqua del torrente freschissima e profumata di muschio, l’ho bevuta senza problemi. Si procede a spinta per qualche chilometro nella valle, sembra il letto di un fiume in secca cosparso di sassi frutto dell’attività erosiva, poi si giunge al Pratone del Gennaro e da qui si segue lo stesso percorso per la scalata al Pizzo, poi la discesa dai tornantini fino a Palombara.

Discesa dal Monte Gennaro passando per i tornantini

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