giovedì, Maggio 2, 2024
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Le tombe a “grotticella” dei Colli Albani

Un bellissimo giro nell’antica caldera del Vulcano Laziale, nel Parco Naturale Regionale dei Castelli Romani, percorrendo gli avvincenti single track che solcano i boschi di castagni dei Monti Albani, alla scoperta di affascinanti e ancora poco conosciute testimonianze archeologiche, le tombe arcaiche laziali a “grotticella”.

Alla guida del gruppo, Roberto Sinibaldi, architetto paesaggista e profondo conoscitore di questi luoghi che si dimostra subito anche un esperto ciclista, sfrecciando tra gli alberi con grande maestria.  

Il percorso

Percorrere i sentieri nei boschi dei Castelli Romani è una esperienza da consigliare a tutti gli amanti della mountain bike. Le discese tecniche con curve paraboliche sagomate dalla pioggia e dai ripetuti passaggi dei biker ed il fondo di sabbia silicea compatta che garantisce una ottima aderenza ai pneumatici, offrono l’opportunità di sperimentare una guida veramente emozionante.

Il pezzo forte dell’uscita però è stata l’esplorazione di due tombe scavate nella roccia tufacea sul lato meridionale della cima delle Faete, a 767 metri di altitudine. Si tratta di un rinvenimento non troppo recente (1982) e, sebbene l’unicità e il grande valore storico del sito, non è ancora stata adottata alcuna misura di protezione e salvaguardia. Purtroppo all’epoca della scoperta le tombe risultavano già profanate e spoglie, ma il principale motivo di interesse risiede nella loro stessa forma.

Schema tomba a grotticellagrotticella

L’accesso alla minuscola camera sepolcrale di forma globulare, avviene attraverso un lungo corridoio a giorno scavato nella roccia tufacea, più stretto all’ingresso e più largo verso l’apertura di accesso alla tomba.

Nessun riferimento alle forme dell’edilizia civile e neppure si intravedono strutture specificamente destinate ad accogliere la salma, date le dimensioni, ogni tomba era probabilmente destinata ad accogliere un solo defunto che veniva deposto in posizione fetale al centro della camera sepolcrale.

Si tratta quindi di preziose testimonianze, databili intorno al 1.600 a.C. ma probabilmente anche prima, chiaramente riconducibili al culto della Dea Madre ed alla ciclicità dell’esistenza.

La struttura tombale è una copia estremamente precisa di un utero materno e la posizione fetale imposta al defunto conferma la volontà di farlo tornare nel grembo della Grande Madre Terra, confidando nella possibilità di una nuova vita.

Questa tipologia tombale, largamente diffusa nell’Italia meridionale, soprattutto in Sicilia, è unica nei Monti Albani e meriterebbe sicuramente maggiore attenzione, sia come possibile preziosa tappa in un itinerario di turismo culturale, sia come importante tassello nella ricostruzione dei riti e della cultura delle civiltà arcaiche del Lazio.

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