venerdì, Luglio 26, 2024

Panorami spettacolari e roccia a profusione, per un giro All-Mountain senza compromessi. Unica salita in gran parte pedalata e lunga discesa su sentieri naturali a tratti molto tecnica, serpeggiando tra alberature monumentali, tratti di roccia fissa a gradoni e insidiosi tornantini su pietraia incoerente. Un giro breve ma intenso, che conduce all’esplorazione di un magnifico ambiente naturale ma che richiede un notevole impegno fisico e ottime capacità di guida tecnica.  

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Partenza da Carpineto Romano per attaccare il Semprevisa dal versante settentrionale. Con poche pedalate siamo fuori dal paese ed il gioco si fa subito duro, zigzagando faticosamente su un interminabile stradone in salita dal fondo sassoso, circa tre chilometri di passione vera, fino ad una voragine prodotta dallo smottamento della montagna. Superata la frana ci immettiamo su una carrareccia un po’ dissestata, ma con pendenze più dolci e decisamente più scorrevole.

Dopo un approccio così traumatico il morale si risolleva e procediamo compatti attraverso un magnifico bosco in veste autunnale. Procediamo per altri 7 chilometri di salita dura ma quasi tutta pedalabile, allietati dagli spettacolari scorci panoramici sulla vallata che di tanto in tanto esplodono al diradarsi delle alberature.

La fatica si comincia si comincia a sentire ma la prova più dura comincia proprio adesso. Abbandonata la carrareccia ci addentriamo nel bosco procedendo a spinta su ripidi tornanti scolpiti nella roccia. Mancano solo tre chilometri alla meta, la vetta del Semprevisa, ma sono decisamente i più duri.

Il primo tornante, per la pendenza proibitiva ed il fondo sassoso, è il più ostico, impedalabile, poi, con un po’ di fatica, si può rimontare in sella, approfittando dello spesso tappeto di foglie che ricopre e compatta il fondo di roccia smossa.

Al termine dei tornati, su un piccolo pianoro, una mandria di cavalli al pascolo brado ci scruta diffidente, poi si allontana infastidita.

L’ombra dei rami disegna un intricato merletto sul manto di foglie rosso ruggine, un luogo magico nel quale raccogliamo le energie per affrontare la scalata finale. 

Solo un chilometro ci separa dalla meta, ma è il tratto più duro. Abbandonato il bosco procediamo in portage su una traccia appena accennata tra le rocce, poi, giunti sulla cresta, l’orizzonte si apre su una vista infinita. La foschia avvolge in un candido manto la Pianura Pontina, in fondo il mare, come una lama lucente divide il cielo dalla terra.  Si intravedono le isole pontine, Ponza, Zannone e Palmarola, spettacolo potente e sublime.

La groppa del monte è brulla, una distesa di roccia a perdita d’occhio, ma le pendenze non troppo accentuate consentono di percorrere brevi tratti in sella, uno sfizio di grande soddisfazione.  

Sotto la croce di vetta in stile himalaiano, ci uniamo ad un gruppetto di trekkisti in contemplazione. Lo spettacolo è magnifico, la montagna si erge isolata, e da una altitudine di 1536 metri la vista spazia a tuttotondo sui monti Lepini, abbracciando i Simbruini, gli Ernici, i Colli Albani, fino ai Lucretili, dall’altro lato il mare.

Dopo un pasto frugale, rinfrancati nel corpo e nello spirito, ci buttiamo a capofitto nella selletta, poi una breve salita, e procediamo con un suggestivo passaggio in cresta.

La natura tormentata di questi monti appare chiaramente dalla stratigrafia delle rocce con piano di scorrimento fortemente inclinato, risultato di colossali forze di frizione tra la piattaforma continentale africana e quella europea. Una immagine evocativa dell’enorme energia che la terra può mettere in gioco, utile a comprendere la fragilità umana di fronte ad eventi sismici come quelli che di recente hanno devastato il centro italia.  

Ma con un po’ di fatalismo i pensieri profondi lasciano presto spazio al gioco, e queste rocce tormentate diventano teatro di manovre da brivido.

E allora giù su stretti sentieri sassosi, poi si entra nel bosco solcando in freeride il soffice manto di foglie per serpeggiare tra le alberature imponenti fino al bordo di un canalone.

La discesa continua costeggiando l’impluvio carsico, su uno stretto sentiero con numerosi passaggi tecnici, gradoni di roccia e rilanci in contropendenza, goduria assoluta.

Al termine del canalone il tratto più impegnativo, un passaggio su roccia nuda con numerose lastre a gradoni, per concludere con una lunga serie di tornantini su roccia smossa che ci riportano sulla carrareccia percorsa in salita.

Un giro appagante e completo, un’immersione in uno straordinario ambiente naturale, con panorami mozzafiato ed una discesa godibile ma anche molto impegnativa, in compagnia di straordinari compagni d’avventura, il mitico Geppo, il Principe e il Pro (Uccio), degli HASMA ed il famigerato VenceMario, che ringrazio con un caloroso abbraccio virtuale.

La gallery completa

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La clip video del Principe

La versione der Campanelli

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